mercoledì 23 giugno 2010

I Robin Hood nostrani tolgono, e a volte rubano , ai poveri per lasciare ai ricchi.


Dal Blog AZZURRO del 17 giugno 2010.


Doveva arrivare dall'Unione Europea la proposta di istituire una tassa sulle banche.
Una proposta in tal senso è infatti ora in discussione a Bruxelles.
Il Cancelliere tedesco Angela Merkel, poco prima di prendere parte al vertice, è stata esplicita e durissima in tal senso con gli istituti di credito, affermando che "banche e finanza, ovvero i responsabili della crisi, dovranno «passare alla cassa».
I "Robin Hood " nostrani, sempre pronti a togliere ai poveri, o quantomeno ai soliti, per dare ai ricchi agli evasori o agli opportunisti, avrebbero di che imparare su come distribuire un po' più equamente i sacrifici.
Ma si sa ,l'italia non fa testo, e oramai si allontana sempre più dal resto d'Europa, anche come mentalità.
A parole nel nostro paese i politici predicano tutto ed il contrario di tutto, sono liberisti e statalisti contemporaneamente, a secondo di come conviene, moralisti nelle parole e nel castigare i costumi degli altri, libertini nei fatti, sopratutto se propri, forti sempre con i deboli e deboli con i forti.
Nulla è realmente cambiato in quello che tanti si ostinano ancora a chiamare il Bel Paese.
O almeno nulla è cambiato in meglio, nemmeno l'abitudine di togliere, e a volte rubare, ai poveri per lasciare ai ricchi.
Bastano solo due esempi, i primi che ricordo, per l'appunto questa manovra finanziaria, che è visibile a tutti, e le famose liberalizzazioni , andate quasi tutte nel dimenticatoio, e dove, per non scontenatre alcune categorie ricche di liberi professionisti si è deciso persino di ostacolare la concorrenza al ribasso, introducendo le tariffe minime garantite, tanto le pagano il resto dei cittadini.
Peccato non si sia poi introdotto il salario minimo garantito anche per i precari, i disoccupati o cassaintegrati.
Ma purtroppo era inutile già in partenza ogni speranza, già si sapeva che Robin Hood non è per nulla un eroe italiano, qui riescono spesso più famosi, non gli eroi buoni, ma i veri e propri briganti.

mercoledì 9 giugno 2010

L'Italia invasa dai "rossi": i pompodori cinesi


Da Greenreport dell'8 giugno 2010.

FIRENZE. I media (in particolare quelli televisivi) continuano a moltiplicare la loro offerta di trasmissioni che si occupano di cucina, ma in realtà conosciamo molto poco di quello che mangiamo ed in particolare non conosciamo la provenienza delle materie prime alimentari che poi sono trasformate prima di arrivare nelle nostre tavole. Emblematico il caso del pomodoro cinese, denunciato da Coldiretti.
Stiamo assistendo ad una vera e propria invasione di pomodori provenienti da distanze di oltre 8000 km: gli sbarchi sono triplicati, registrando un balzo del 174% nel trimestre dicembre-febbraio 2010 rispetto al precedente periodo del 2009, anno in cui in Italia sono arrivati 82 milioni di chili di concentrato spacciato come Made in Italy. Questi solo alcuni dati contenuti nel dossier sulle importazioni di concentrato di pomodoro cinese, elaborato da Coldiretti insieme alle cooperative agricole dell'Unci e alle industrie conserviere dell'Aiipa (Associazione italiana industrie prodotti alimentari).
Anche se appare incredibile i pomodori conservati sono la prima voce dell'import agroalimentare dalla Cina (oltre il 34% del totale), la cui produzione, in pochi anni (è iniziata nel 1990) è oggi al terzo posto nel mondo dopo Stati Uniti e Unione europea, con circa la metà del concentrato esportato proprio in Italia. La produzione cinese di concentrati di pomodoro è localizzata nei territori di Junggar e Tarim, nella regione di Xinjiang, a nord-ovest del Paese nei pressi del confine con il Kazakistan dove operano due grandi gruppi: Tunhe e Chalkis Tomato. La filiera del pomodoro cinese come è intuibile è tutt'altro che corta.
Dalle navi sbarcano fusti di oltre 200 chili di peso, circa 1.000 al giorno, con concentrato da rilavorare e confezionare come italiano; questo perché nei contenitori al dettaglio, precisa la Coldiretti, è obbligatorio indicare solo il luogo di confezionamento ma non quello di coltivazione. Un lacuna che andrebbe velocemente colmata sia per trasparenza nei confronti dei consumatori che devono sapere da dove provengono le materie prime che poi finiscono in tavola sia per conoscere l'impatto ambientale e sociale di tutta la filiera.
Tra l'altro pare che la produzione in Cina sia anche realizzata con sfruttamento del lavoro forzato dei detenuti secondo la denuncia Laogai National Foundation. Così, con un quantitativo di pomodoro cinese che corrisponde a circa il 10% della produzione di pomodoro fresco destinato alla trasformazione realizzata in Italia (nel 2009 e stato di 5,73 miliardi di chili), si producono danni per i produttori italiani che subiscono gli effetti economici di una concorrenza sleale. Tra l'altro informa Coldiretti i numeri del settore del pomodoro da industria sono di rilievo: 8.000 imprenditori agricoli che coltivano su 85.000 ettari, 178 industrie di trasformazione che da lavoro a ben 20mila persone per un valore della produzione di oltre 2 miliardi di euro.
Ma almeno da quanto denunciato nel dossier c'è anche un problema di sicurezza alimentare per un prodotto che piace agli italiani (si stima che le famiglie consumino circa 550 milioni di chili di pomodori in scatola o in bottiglia): le confezioni identiche alle originali vendute in scatole da 400 e da 2.200 grammi come doppio concentrato (28%) con la scritta '100% prodotto italiano', hanno una qualità del contenuto non conforme alla legislazione italiana ed europea. Le analisi parlano chiaro: di pomodoro vero ce n'é ben poco, la maggior parte del prodotto è costituito da scarti vegetali, quali bucce e semi di diversi ortaggi e frutti, con livelli di muffe che eccedono i limiti di legge previsti dalla legislazione italiana. Problemi quindi di ordine economico, ambientale, sociale e sanitario a cui Coldiretti, Unci e Aiipa chiedono di porre rimedio.
Le tre organizzazioni nel dossier hanno avanzato alcune richieste: che venga attuato un protocollo sanitario specifico per il controllo del pomodoro concentrato cinese all'ingresso nei porti comunitari; l'obbligo di indicare l'origine del pomodoro utilizzato nei derivati del pomodoro (l'indicazione dell'origine del prodotto è misura sollecitata dal Parlamento europeo come previsto dalla riforma dell'organizzazione di mercato dell'ortofrutta); l'immediata e tempestiva attivazione del meccanismo di salvaguardia con un dazio doganale aggiuntivo come misura antidumping prevista dalla normativa comunitaria (regolamento 260/2009) come meccanismo di salvaguardia per le situazioni di grave pregiudizio.

lunedì 7 giugno 2010

UN PUNTO DELL'ECONOMIA: LA FINANZA PUBBLICA


Sandro Trento sul Blog italia dei Valori del 6 giugno 2010.


Quest'oggi parliamo dell'azione del governo sulla finanza pubblica. Per riportare il disavanzo pubblico sotto la soglia del 3% del PIL, il governo ha definito una manovra correttiva di 25 miliardi di euro. Il paradosso del ministro Tremonti, lo va dicendo anche ad Annozero, è che la manovra italiana è colpa della Grecia, e che l'Italia fa questa manovra perché tutti gli altri Paesi la stanno facendo. Questa affermazione non è vera, è solo parzialmente corretta. Gli altri Paesi europei fanno una manovra correttiva oggi perché hanno fatto interventi molto importanti lo scorso anno per sostenere le loro economie.

Nel 2009 molti Paesi europei fecero interventi a sostegno della domanda interna per un ammontare molto vicini a 2,5 punti PIL. Nello stesso anno, il governo Berlusconi decise di non fare nulla e si limitò ad interventi pari soltanto al 0,6 punti PIL. Questa inerzia del governo italiano ha fatto pagare duramente all'economia italiana. Nel biennio di crisi abbiamo perso oltre 6 punti di crescita, meno 6 di PIL. Questo ha significato la chiusura di circa 10 mila imprese e un aumento significativo della disoccupazione, soprattutto quella giovanile arrivata al 13% secondo la Banca d'Italia.

Il paradosso italiano però, colpa di Berlusconi e Tremonti, è che in un anno il debito pubblico italiano è aumentato di 10 punti. Siamo passati da una situazione di avanzo primario, cioè da una differenza tra le entrate e le spese al netto degli interessi che era positiva, ad un disavanzo primario per la prima volta dopo molti anni. Tutto questo senza però evitare, come ho detto, una caduta catastrofica del PIL. Non solo abbiamo i conti pubblici in dissesto, ma questo non è stato fatto per sostenere la domanda interna come è stato fatto negli altri Paesi.

La spesa pubblica italiana è aumentata moltissimo e le entrate sono diminuite. Questo anche perché, da quando c'è il governo Berlusconi, l'evasione fiscale è aumentata molto significativamente. Si parla di un evasione fiscale pari a 120 miliardi di euro. Quindi, eccoci costretti a fare una manovra correttiva. Non è solo colpa della Grecia, è colpa di Tremonti e Berlusconi. Questa è una questione molto importante: è fondamentale che il governo ammetta le sue colpe, si presenti in Parlamento riconoscendo di aver sbagliato e porti a discutere con l'opposizione partendo da una situazione di verità e chiarezza nei confronti degli italiani.

Il ministro Tremonti continua a parlare di falsi invalidi e di azione contro l'evasione, ma viene in mente che è stato ministro dell'economia per 8 anni, in molti governo, quindi gran parte della responsabilità dell'aumento dei falsi invalidi e un aumento dell'evasione fiscale è sicuramente sua, visto che è stato il ministro più a lungo in carica nell'ultimo periodo.

La manovra correttiva si fonda su tagli sostanzialmente generalizzati, cioè si taglia senza un minimo di scelta, senza un minimo di selezione. Questo tipo di procedimento è inequo e inefficiente, e non viene nemmeno applicato nella pratica. Questo è il momento di scegliere, di essere selettivi: un conto è tagliare la spesa a tutti i comuni e a tutte le regioni indistintamente, un altro sarebbe quello di colpire quei comuni e quelle regioni che hanno speso troppo e che non stanno rispettando il patto di stabilità interna.

Un conto è tagliare la spesa pubblica introduttiva, un altro è tagliare la spesa per l'istruzione, per la ricerca. E' questo il momento di scegliere se togliere le risorse ai giovani o passare ad un riequilibrio tra le generazioni, intervenendo sulle pensioni a sostegno dei giovani. Un conto è fare un blocco degli stipendi per tutti i dipendenti pubblici: si stima che questo blocco costerà 1700 per ogni dipendente in 3 anni. Questo blocco colpirà sia chi si impegna e lavora sia i fannulloni.

Questo per dire che è il momento di scegliere di fare atti selettivi e di colpire soltanto dove è necessario. Questo è quello che noi avremo fatto se fossimo stati al governo.