mercoledì 18 agosto 2010

La politica industriale? L'Italia ci ha messo una pietra sopra.



Luca Venturi su Greenreport del 17 agosto 2010.

Piovono pietre. Piovono sul governo da parte del suo -sino ad ora-principale "sponsor" ovvero l'associazione dei confindustriali, che dopo il via libera dato dalla presidente Marcegaglia è proseguita con una scarica di colpi da tutti i principali settori che, dalle pagine del quotidiano di proprietà, esternano tutta la loro contrarietà alla mancanza di politiche industriali. Facendo propria la domanda retorica posta da Franco Onida, sempre sul Sole 24 ore, di dove fosse la politica industriale di questo paese.

Tanto che alla stessa domanda fatta oggi a Sergio Dompè da Marco Morino sul Sole 24 ore, il presidente di Farmindustria risponde che se lo chiede anche lui. Facendo fare - e gli va dato atto- anche autocritica all' associazione di imprese quando dice che la mancanza di una politica industriale in questo paese «non è solo colpa del governo» e che «forse anche l'industria non è stata capace di parlare con la necessaria chiarezza».

Sta di fatto che da settima potenza industriale (quale era non troppo tempo fa) l'Italia è divenuta il fanalino di coda e non solo a causa della crisi economica mondiale; per questo la mancanza di una politica industriale non può essere attribuita solo alla responsabilità di questo governo.

Ma non vi è dubbio che proprio nella fase in cui si doveva mettere in piedi una strategia per recuperare alla crisi e cogliere l'opportunità per ripensare anche il modello industriale e indirizzarlo verso una riconversione green, il governo-che non aveva nemmeno provato ad impostare scelte utili in questa direzione- ha perso il ministro dedicato e ancora non vi è traccia di chi dovrà/potrà/ vorrà sostituirlo. La delega è quindi rimasta in capo al premier - che nonostante sia lui stesso un imprenditore - è stato ed è ancora più affaccendato a risolvere problemi personali e di beghe di partito che non quelli che affliggono il paese.

Un paese che ha fatto scelte (o forse è andato solo avanti per inerzia e per l'intraprendenza di singoli settori) che lo hanno portato ad essere un produttore di beni di consumo legati alla bilancia dell'export e che, dunque proprio in un momento di crisi economica globale soffre più che mai.

Un paese che ha relegato a pochi zero virgola di percentuale rispetto alla ricchezza prodotta gli investimenti in ricerca e innovazione, quelli che hanno permesso invece alla Germania di mantenere e consolidare un'industria di produzione di beni di base che hanno retto e reggono- giocoforza -anche alla crisi, come i dati resi noti da Eurostat proprio in questi giorni dimostrano.

Lo dice lo stesso Dompè che «non si può vivere di solo export, per quanto importantissimo» anche perché il gap competitivo in termini di qualità si sta riducendo enormemente rispetto ai paesi ad economia emergente. «E' in gioco il futuro stesso della base manifatturiera del paese» avverte il presidente di Farmindustria. Parole pesanti come macigni.

E le leve che indica sono ancora una volta, la ricerca e lo sviluppo di prodotti a tecnologia più innovativa, cui potremo aggiungere il settore nel quale applicarla, ovvero quello legato ai servizi ambientali, alle energie rinnovabili, alla mobilità sostenibile e la lista potrebbe continuare.

Lo spiega bene Aldo Bonomi, sempre sul quotidiano di confindustria, raccontando dell'Expo di Shangai: «A proposito di green economy, se qualcuno avesse ancora dei dubbi sulle retoriche del capitalismo per uscire dalla crisi dei subprime e dalla finanziarizzazione della vita quotidiana, padiglione per padiglione si accorgerebbe che per tutti il tema dell'ambiente che si fa economia - la manutenzione delle megalopoli, con servizi ambientalmente compatibili, dalle macchine elettriche, ibride, all'idrogeno sino alla ricerca sui nuovi materiali e sulle nuove fonti di energia- qui all'Expo di Shanghai è la retorica dominante».

Esempi ed eccellenze ne esistono anche nel nostro paese e la certosina ricerca del Sole 24 ore per metterli in evidenza è encomiabile, come è altrettanto encomiabile il lavoro che svolge Symbola nello scovarle, farle conoscere e cercare di organizzarle per avere maggiore visibilità e quindi peso. Ciò che affligge è che invece al di là di queste attività giornalistiche o culturali cui ci associamo, quello che manca e di cui non si vede traccia nel futuro prossimo è un sostegno politico da parte del governo, che anzi, vedi la vicenda degli incentivi alle rinnovabili tanto per fare un esempio, per totale mancanza di sensibilità e cultura in questo senso riesce a smontare o mettere a rischio anche quel poco che, faticosamente, governi precedenti e iniziative imprenditoriali autonome sono riusciti a mettere assieme.

domenica 25 luglio 2010

Aiuto, la peste in Romagna.

Dal Blog di Vittorio Zucconi del 16 luglio 2010.

Coronato dall’”Atto d’Amore” di Berlusconi, che invita a visitare l’Italia con la sua voce impostata e falsa da animatore di festa danzante per pensionati (non sfigati) al Dopolavoro Ferrovieri, il tragico sito “Italia.it” partorito da Pippi Coscialunga,la Sciura Brambilla, propone alcune interessanti scoperte per chi non conoscesse il nostro Paese e fosse francofono o anglofono.
I lettori di lingua inglese interessati alla Emila Romagna scopriranno ad esempio che Giuseppe Verdi, sotto la maschera del compositore, era in realtà un romanziere: “This is witnessed by the Verdi’s novels“, spiega il brambillesco sito, riferendosi alle celebri, e per me inedite, novelle verdiane (non è che per caso lo hanno confuso con Verga? No, quello era siciliano). Molto più preoccupante, per me che sto per portarci in vacanza frotte di nipoti, è sapere che sulla Rivera Romagnola è in atto un’epidemia di peste. Il capitolo dedicato alle spiagge romagnole si intitola infatti, seccamente e in neretto, perchè non sfugga al turista transalpino: “Plagues”, che nella lingua di Sarkozy significa appunto “Pestilenze” (grazie al sito Giornalettismo). Il sito, orgoglio turistico del governo e pagato naturalmente dalle tasche dei contribuenti, non precisa se almeno Rimini e i comuni rivieraschi abbiano provveduto ad arruolare monatti per la rimozione del turista deceduto. Conoscendo l’efficenza dei rumagnòl, sono certo di sì. Non siamo ancora alle sublimi traduzioni automatiche delle biografie dei ministri nell’altro governo Berlusconi, dove il vicepremier Fini veniva raccontato come l’ex leader del “Forehead of Youth”, cioè della fronte – non del fronte – della Gioventù, o all’indimenticabile “Pliz Pliz vizit Itali” del marito di Barbara Palombelli, ma la cialtroneria e la sciatteria sono eccellenti. Poichè non parlo e non leggo correntemente il Mandarino non saprei dire quante bestalità siano contenute nella versione cinese, o in quella tedesca o russa, ma se qualche lettore di questo blog volesse spulciare il sito della Brambilla nelle altre lingue e segnalarmi altre castronerie, si accomodi. Almeno ridiamo un po’, prima di soccombere alla pestilenza.

venerdì 23 luglio 2010

Le mani nelle tasche: i tagli in manovra costeranno fino a 170 euro a testa.



Da Giornalettismo del 23 luglio 2010.

Secondo il rapporto Ifel nel triennio tra il 2010 e il 2012 l’impatto della Finanziaria sugli Enti locali avrà un effetto sulla spesa di circa 17 miliardi di euro, e colpirà soprattutto al Centro.

Quanto costa la manovra ai Comuni, ed è vero che non mette le mani nelle tasche dei cittadini? Stando alle cifre riportate nel rapporto Ifel, il quadro finanziario dei Comuni, presentato ieri a Roma presso l’Istituto di finanza locale dell’Anci, non è proprio così. Sulla Stampa Fabio Pozzo riporta che gli enti locali saranno costretti a tagliare nel 2010 la spesa di circa 7 miliardi, con un costo pro capite di circa 22 euro; le riduzioni implicite saranno ripartite in misura maggiore al Sud, con una diminuzione del 2,4%, al Nord con il 2,1%, e al Centro con il 1,6%. Come spiega il presidente dell’Anci Sergio Chiamparino quello che accadrà è che i tagli “ci porteranno al punto che i servizi alle persone verranno messi in discussione“.

IL FONDO DEL BARILE - Il sindaco di Torino continua, fino ad ora il peso sulle spalle dei cittadini è stato evitato, ma a prezzo “del degrado del livello della manutenzione ordinaria delle città, che tutti possono vedere: per non intaccare i servizi si è infatti risparmiato sui lavori per chiudere le buche sulle strade, sul tagliare l’erba nel verde pubblico, sulla pulizia. Ma ora?” Il rapporto Ifel spiega che nel biennio 2011-2012 la correzione finanziaria imposta ai Comuni consisterà rispettivamente in 4,6 e 5,6 miliardi di euro costituendo la “Finanziaria più aspra della storia di questo Paese“.

LE MANI NELLE TASCHE CI SONO ECCOME - Anche Enrico Marro sul Corriere mette in evidenza il nocciolo del rapporto Ifel: tutto ciò si tradurrà in un taglio di 100 euro pro capite nel 2011 e di 120 euro per abitante nel 2012; il costo non sarà uniforme: infatti un cittadino di un qualsiasi comune del Nord e del Sud avrà un aggravio di 120 euro, mentre chi risiede al centro dovrà subire il peso dei tagli per 140 euro, con la punta massima di 170 per chi abita nel Lazio; infatti il peso nel 2010 per il centro è minore perché Roma è esclusa dal Patto di stabilità. Per Salvatore Cerchi, responsabile della finanza locale dell’Anci, quello che succederà è già chiaro: “non è vero che la manovra non mette le mani nelle tasche dei cittadini: non lo fa attraverso nuove imposte, ma con le tariffe, perchè i Comuni dovranno, per esempio, aumentare il biglietto degli autobus o i contributi per l’asilo nido o l’assistenza domiciliare o le rette per le mense scolastiche“.

TUTTI PIU’ POVERI - Le amministrazioni locali però hanno “già dato” per quanto riguarda il risanamento del bilancio pubblico; come spiega Silvia Scozzese, direttore scientifico dell’Ifel, hanno realizzato un aumento cumulato delle entrate dell’8%, più alto di quello dell spese, che è del 3,5%, e quelli soggetti al Patto di stabilità interno sono passati da un disavanzo complessivo di 1,7 miliardi nel 2006 ad un avanzo di 250 milioni nel 2009. L’Anci conclude il suo commento al rapporto Ifel:” Le città italiane sono più povere rispetto a cinque anni fa” e questi tagli vanno a colpire un malato già grave.

Con Berlusconi al governo evasione fiscale da record.



Da Giornalettismo del 21 luglio 2010.

Il rapporto biennale dell’Istat conferma – nel silenzio dei tg e dei giornali – come dal 2008 l’evasione fiscale siano tornata nuovamente a crescere.

L’evasione fiscale, con il governo Berlusconi è tornata a crescere. Sembrerebbe una notizia apparentemente “Top secret”, almeno questa è l’opinione che ci siamo fatti dando un’occhiata ai vari telegiornali ed “organi d’informazione” che, praticamente all’unisono, hanno omesso questa notizia. Che in Italia una quota cospicua dei redditi venga, di fatto, elusa o evasa agli occhi del fisco non è certo una grossa novità. Si parla di qualcosa come 150-200 miliardi di euro (miliardo più, miliardo meno) ogni anno. Dieci volte tanto la manovra correttiva che il governo si appresta a varare colpendo, tanto per cambiare, i soliti noti mentre, ancora una volta, liscia il pelo ai furbi o, se vogliamo chiamarli con un aggettivo più consono alle loro pratiche, ai delinquenti. Sì, perché l’evasione – codice penale alla mano – è un crimine.

LO DICE L’ISTAT - L’Istat ha appena pubblicato la consueta analisi biennale dell’entità e della dinamica del sommerso economico. Si tratta di un indicatore assai significativo per capire gli andamenti dell’evasione fiscale, sebbene i due concetti siano solo parzialmente coincidenti. Il rapporto conferma come, nel suo insieme, il sommerso si è ridotto in tutto il periodo dal 2001 al 2007, ed è poi tornato a crescere nel 2008. Come noto, l’Istat fornisce la stima di un valore minimo e di un valore massimo del sommerso economico, ulteriormente scomposto nella somma di 3 componenti: il valore aggiunto sommerso da correzione del fatturato e dei costi intermedi, il valore aggiunto prodotto dai lavoratori irregolari e, infine, una componente statistica di correzione. Tra il 2001 e il 2007 il sommerso economico, nel suo insieme, si è costantemente ridotto in quota di Pil, passando dal 18,5% del 2001 al 15,9% del 2007 (secondo l’ipotesi minima) e dal 19,7% del 2001 al 17,2% del 2007 (secondo l’ipotesi massima). Nel 2008, invece, si è assistito ad una pericolosa inversione di tendenza: il sommerso economico sale al 16,3% del Pil (ipotesi minima) e al 17,5% (ipotesi massima).

I NUMERI E GRAFICI PARLANO CHIARO – Nel grafico è riportato l’andamento dell’economia sommersa secondo le stime dell’Istat nel periodo tra il 2000 e il 2008. Le riduzioni repentine che si evidenziano dal grafico intorno al 2002 e poi man mano graduali, si spiegano con l’adozione, sempre in quell’anno, per mano del vecchio governo Berlusconi dell’ennesima sanatoria sul lavoro irregolare. Nel 2006, invece, si registra l’effetto della riduzione (in termini relativi) della componente di correzione del fatturato e dei costi intermedi . L’incremento del 2008 vale circa 0,3-0,4 punti di Pil, pari, in termini assoluti, a 8-9 miliardi, quindi, data una pressione fiscale del 42%, ad un minor gettito per poco meno di 4 miliardi di euro. L’evasione nel 2008 è determinata in gran parte dalla “correzione del fatturato e dei costi intermedi”. Si tratta della componente del sommerso economico più direttamente legata all’evasione fiscale in senso proprio. Infatti, i 9 miliardi di incremento del valore aggiunto sommerso sono imputati dall’Istat esclusivamente a questa componente, che è aumentata dai 143,9 miliardi del 2007 ai circa 153 miliardi del 2008. Le altre due componenti, invece, sono rimaste sostanzialmente stabili.

IL NENS LO CONFERMA - “Questa composizione – spiegano gli esperti economici del Nens - è particolarmente interessante ai fini della stima dell’evasione fiscale. Infatti, la stima della componente di correzione del fatturato e dei costi intermedi si basa su ipotesi particolarmente prudenti. Ad esempio, si assume che la remunerazione di un addetto indipendente (imprenditore, suoi familiari e coadiutori) sia non inferiore rispetto a quella dell’addetto dipendente, il che corrisponde evidentemente ad una sottovalutazione. Infatti, appare plausibile ipotizzare che in molti casi la remunerazione effettiva per gli addetti indipendenti sia superiore a quella dei dipendenti“. Per queste ragioni, l’Istat sostanzialmente conferma la precedente stima fatta dall’istituto economico fondato da Vincenzo Visco e Pier Luigi Bersani, secondo il quale “l’evasione è aumentata di almeno 4-5 miliardi di euro solo ai fini IVA nel corso del 2008“.

PER IL 2009 MANCANO ANCORA I DATI – Purtroppo, i dati disponibili fanno pensare che la situazione non sia apprezzabilmente migliorata nel 2009. “Pur con le difficoltà di quantificazione insite in un anno di anomala riduzione del Pil nominale - conferma il Nens - anche nel 2009 il gettito dell’Iva si è ridotto in misura sensibile. A ciò si aggiunga il fatto che, secondo i dati dell’Istat, nel 2009 è aumentato anche sensibilmente il tasso di irregolarità del lavoro, passato dall’11,9 al 12,2%“. Sul fronte della lotta al sommerso e all’evasione, dunque, i numeri disponibili smentiscono l’ottimismo e i “grandi risultati” più volte sbandierati dal governo attuale e riverberati senza alcuna verifica dai media.

mercoledì 21 luglio 2010

Un paese senza un piano industriale è un paese senza futuro.



Lucia Venturi su Greenreport del 20 luglio 2010.

I dati dell'industria italiana sono positivi secondo l'Istat che registra sia un aumento degli ordinativi su base mensile (del 26,6% rispetto a maggio del 2009) e su base annua (in rialzo del 3,2% rispetto ad aprile), sia un aumento di fatturato dell'8,9% rispetto allo stesso mese del 2009 e dello 0,8% rispetto ad aprile: in questo caso si tratta del dato più alto dal febbraio 2008.

L'industria è tornata a segnare il punto quindi e, considerando il fatturato per raggruppamenti principali, si registrano variazioni congiunturali positive per l'energia (+2,9%), per i beni intermedi (+1,4%), per i beni strumentali (+0,2%) e per i beni di consumo (+0,2% con -0,1% per quelli durevoli e +0,2% per quelli non durevoli).

L'analisi per settore di attività economica, rileva l'Istat, mostra variazioni tendenziali positive più significative dell'indice del fatturato corretto per gli effetti di calendario nei settori fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (+28,5%), metallurgia e fabbricazione di prodotti in metallo (+21,6%) e fabbricazioni di prodotti chimici (+19,9%).

Ma ai dati positivi di Istat fanno da contraltare a quelli del rapporto Svimez sull'economia del Mezzogiorno, da cui si rileva che gli investimenti industriali sono crollati del 9,6% nel 2009, dopo la flessione del 3,7% del 2008 e che segnala come l'industria si trovi in una «situazione senza precedenti, con una perdita di oltre 100.000 posti di lavoro dal 2008 al 2009, di cui 61.000 solo l'anno scorso».

Dati che collimano di più con la situazione in cui versano, in particolare, alcuni comparti che hanno fatto del nostro paese la settima potenza industriale, ovvero la chimica e la siderurgia ormai in quasi totale dismissione, e che si riflette nel fatto che- nonostante la crisi economica ancora pressante- il premier non abbia ancora provveduto alla sostituzione del ministro dello Sviluppo Claudio Scajola, che si è dimesso ormai quasi tre mesi fa e ne mantenga l'interim, senza poi occuparsene.

Dal comparto della chimica i segnali sono pessimi e saranno infatti in presidio oggi a Roma, davanti a Palazzo Chigi, i lavoratori dell'industria chimica Vinyls, che hanno visto tramontare anche l'ipotesi di accordo con gli arabi di Ramco. Una mobilitazione organizzata dalla Cgil e dalla Filctem che porteranno nella capitale rappresentanti degli stabilimenti di Marghera, Ravenna e Porto Torres che rischiano di perdere definitivamente il loro posto di lavoro dopo una lunga cassa integrazione mettendo a rischio anche l'indotto. Circa 7000 lavoratori del ciclo del cloro tra Vinyl, Syndial l'indotto e l'area della subfornitura.

«Nessuno - si legge in una nota della Filctem Cgil - finora ha mantenuto gli impegni presi con le istituzioni, con i lavoratori, con i sindacati e la crisi rischia di degenerare: gli impianti di Marghera, Porto Torres e Ravenna sono ancora fermi a nove mesi di distanza dall'accordo sottoscritto al ministero del Lavoro (1 dicembre 2009) e prima ancora (12 novembre 2009) al ministero dello Sviluppo Economico, nel quale era testualmente scritto che 'a far data dal 15 dicembre 2009' si sarebbe consentito 'un graduale e progressivo riavvio di tutti gli impianti».

«Siamo tornati al punto di partenza - ha dichiarato Alberto Morselli, segretario generale della Filctem-Cgil - come in un pericolosissimo gioco dell'oca, ma in questo caso giocato tutto sulla pelle di centinaia di famiglie» e rivolto al premier Berlusconi, che è anche ministro dello Sviluppo Economico 'ad interim', gli ha lanciato un appello a salvare la chimica e i suoi lavoratori. «Se la chimica è strategica, come più volte detto a parole- ha sottolineato Morselli- il presidente del Consiglio lo dimostri una volta per tutte: innanzitutto chieda all'Eni di salvare Vinyls e di istruire un piano industriale di rilancio nel settore, faccia rispettare l'impegno di riavvio degli impianti assunto dai commissari straordinari, visto che hanno in mano le fidejussioni di Stato, salvi i posti di lavoro e l'integrità del ciclo del cloro».

Dopo che è saltata anche l'ipotesi di accordo con la Ramco, la previsione annunciata dal sottosegretario allo Sviluppo Stefano Saglia nell'incontro dello scorso 15 giugno è quella di bandire una gara internazionale, il cui bando non è però ancora stato scritto.

«Intanto, gli operai restano in cassa integrazione -conclude la Filctem Cgil- e, ogni giorno che passa, c'è il rischio che i commissari non abbiano neppure i soldi per pagare gli stipendi».

Non è certo più roseo lo scenario che riguarda un altro dei comparti che ha fatto un pezzo della storia industriale del nostro paese, ovvero quello delle acciaierie Lucchini che interessano anche in questo caso realtà che vanno dal nord al sud con gli stabilimenti di Piombino, Trieste, Lecco, Condove (in provincia di Torino) e Bari.

Lucchini non è più nemmeno azionista avendo venduto a marzo anche le sue ultime quote alla russa Severstal, divenuta quindi unica proprietaria del gruppo ma che a sua volta ha ceduto il 50,8% delle quote azionarie alla finanziaria Mordachoff già azionista di maggioranza di Severstal e ora divenuta azionista di riferimento dell'ex gruppo siderurgico italiano. Una operazione che è stata letta come un evidente messaggio di disimpegno sull'attività industriale e di messa in sicurezza degli azionisti.

Entro il 29 luglio l'acquirente dovrà presentare un piano per garantire mantenimento e consolidamento dell'azienda in Italia e per quella data è stato anche convocato un incontro con le parti sociali nella sede del ministero del Lavoro, dove il gruppo potrebbe calare sul piatto della bilancia i circa 4 mila lavoratori, tra diretti e indiretti, che rischiano il posto, e fissare le condizioni del loro salvataggio.

Intanto è già decisa la smobilitazione di Brescia, da dove secondo fonti del capoluogo lombardo- entro settembre verranno trasferiti a Piombino settori vitali, come l'approvvigionamento di materie prime, gli uffici finanziari e il settore dell'ingegneria strategica. Un accorpamento alla sede toscana che viene inquadrato come un restringimento del perimetro aziendale, propedeutico alla cessione.

Segnali non certo incoraggianti per il futuro economico e occupazionale del nostro paese ma su cui il governo non batte ciglio.

domenica 18 luglio 2010

Sì, il Governo mette le mani nelle tasche degli italiani!


Dal Blog di Domenico Di Rienzo del 30 giugno 2010.

Ci vuole una bella faccia tosta a dire “non metteremo le mani nelle tasche degli italiani”! Il Presidente del Consiglio non fa altro che ripetere la solita tiritera! Certo, in quanto a faccia tosta lui e molti esponenti del Pdl non hanno nulla da invidiare a nessuno.

La notizia è ufficiale. Da domani, 1 luglio, gli automobilisti costretti ad usare l’autostrada subiranno gli aumenti di pedaggio previsti dalla manovra economica.

Sottolineo, PREVISTI DALLA MANOVRA ECONOMICA. La smetta il Governo di prendere in giro gli italiani; e agli italiani non sfugga che gli aumenti di domani sono il frutto di una manovra iniqua e scellerata che colpisce chi ha di meno.

Per non parlare delle strade attualmente senza pedaggio. Mi riferisco all’Autostrada Torino-Aereoporto Caselle, alla Salerno-Reggio Calabria, alla Roma Fiumicino, alla superstrada Firenze-Siena, al Grande Raccordo Anulare (non è vero che il GRA non si pagherà, come dice il sindaco “sfondo-tutto” Alemanno, anch’egli piuttosto ben dotato di faccia tosta).

Su quelle strade non ci passano solo i turisti, anzi! A usare quelle strade sono soprattutto i pendolari, ogni giorno per lavoro. E’ nelle tasche della gente che lavora che questo Governo mette le mani!

Il Governo non sa che pesci prendere, ha sottovalutato la crisi prima e lo continua a fare ancora oggi. Berlusconi (applaudito da Confindustria) parla di crisi passata, in realtà il peggio deve ancora venire. Gli economisti più seri e preparati, sanno bene che i riflessi peggiori si verificheranno con la scadenza della cassa integrazione, quando le imprese non potranno riprendere i lavoratori.

E tutto ciò si muove nel quadro desolante di un Paese ad altissima evasione fiscale. Basterebbe iniziare a far pagare gli evasori e chi ha più possibilità economiche, per evitare di mettere le mani nelle tasche della povera gente. Anziché stare con le mani in mano senza far nulla per risolvere la crisi ed i problemi di chi la subisce ogni giorno sulla propria pelle.

mercoledì 23 giugno 2010

I Robin Hood nostrani tolgono, e a volte rubano , ai poveri per lasciare ai ricchi.


Dal Blog AZZURRO del 17 giugno 2010.


Doveva arrivare dall'Unione Europea la proposta di istituire una tassa sulle banche.
Una proposta in tal senso è infatti ora in discussione a Bruxelles.
Il Cancelliere tedesco Angela Merkel, poco prima di prendere parte al vertice, è stata esplicita e durissima in tal senso con gli istituti di credito, affermando che "banche e finanza, ovvero i responsabili della crisi, dovranno «passare alla cassa».
I "Robin Hood " nostrani, sempre pronti a togliere ai poveri, o quantomeno ai soliti, per dare ai ricchi agli evasori o agli opportunisti, avrebbero di che imparare su come distribuire un po' più equamente i sacrifici.
Ma si sa ,l'italia non fa testo, e oramai si allontana sempre più dal resto d'Europa, anche come mentalità.
A parole nel nostro paese i politici predicano tutto ed il contrario di tutto, sono liberisti e statalisti contemporaneamente, a secondo di come conviene, moralisti nelle parole e nel castigare i costumi degli altri, libertini nei fatti, sopratutto se propri, forti sempre con i deboli e deboli con i forti.
Nulla è realmente cambiato in quello che tanti si ostinano ancora a chiamare il Bel Paese.
O almeno nulla è cambiato in meglio, nemmeno l'abitudine di togliere, e a volte rubare, ai poveri per lasciare ai ricchi.
Bastano solo due esempi, i primi che ricordo, per l'appunto questa manovra finanziaria, che è visibile a tutti, e le famose liberalizzazioni , andate quasi tutte nel dimenticatoio, e dove, per non scontenatre alcune categorie ricche di liberi professionisti si è deciso persino di ostacolare la concorrenza al ribasso, introducendo le tariffe minime garantite, tanto le pagano il resto dei cittadini.
Peccato non si sia poi introdotto il salario minimo garantito anche per i precari, i disoccupati o cassaintegrati.
Ma purtroppo era inutile già in partenza ogni speranza, già si sapeva che Robin Hood non è per nulla un eroe italiano, qui riescono spesso più famosi, non gli eroi buoni, ma i veri e propri briganti.