mercoledì 19 agosto 2009

IMPRESSIONI DI AGOSTO, PENSANDO A SETTEMBRE 2009.

Postato su Giornalettismo il 17 agosto 2009.

I dati statistici usciti a cavallo di ferragosto sull’andamento del Pil in alcuni paesi invitano a qualche riflessione. Il Prodotto interno lordo di Francia, Germania e probabilmente anche del Giappone ha finalmente smesso di crollare, dopo un anno di caduta rovinosa ed ininterrotta, registrando nel secondo trimestre 2009 una lievissima ricrescita rispetto al trimestre precedente. E’ una notizia positiva, ma non è la fine del tunnel. Come avverte l’amministrazione USA, “la crisi sarà finita quando l’occupazione tornerà a crescere”. E tenendo conto, come ricorda la Federal Reserve, che “i livelli occupazionali pre crisi saranno ripristinati, se tutto va bene, in dieci anni”.

Molti economisti (tra cui gente del calibro di Roubini, Stiglitz, Fitoussi) ricordano che gli squilibri nei fondamentali di molte economie, la forte presenza di titoli tossici tutt’ora presenti nei bilanci delle banche, la grande esposizione finanziaria dei governi di mezzo mondo disegnano scenari tutti ancora da decifrare per il futuro. Se si cade dal 50esimo piano di un grattacielo riuscire a rallentare la caduta di qualche metro non è, di per sé, una notizia positiva.

L’Italia, in particolare, non ha nulla da festeggiare. Tanto per cambiare, è l’unica ad aver registrato un’ulteriore (seppur lieve) caduta. E’ un problema “cronico”: la nostra “capacità competitiva” è da 15 anni almeno inferiore a quella degli altri paesi “ricchi”. Quando il mondo corre, noi camminiamo. Quando il mondo rallenta, noi arretriamo. Quando il mondo cade, noi crolliamo. Rendersene conto non è pessimismo. E’ una presa di coscienza, l’unica che può permetterci di risalire.

Purtroppo da noi c’è chi continua a cantare la canzone di una ripresa imminente, che dipenderebbe solo da un po’ di ottimismo. Se è una dichiarazione di facciata, niente di male. Ma se chi la canta ne fosse davvero convinto, questo mostrerebbe solo l’incapacità di comprendere che cosa sta accadendo e cosa accadrà. Ammesso e non concesso che i fondamentali dell’economia tornino a posto prima del previsto, e che l’atterraggio dei sistemi economici mondiali dopo la sbornia di spesa pubblica immessa dai governi di mezzo mondo (Italia esclusa, per motivi noti e in gran parte comprensibili) sia rapido ed indolore, NIENTE SARA’ PIU’ COME PRIMA: non è finito il mondo, ma è finito un mondo.

Perché il credito facile che ha alimentato la bolla dei consumi americani non ci sarà più per un pezzo. Perché il commercio mondiale tornerà ai livelli pre-crisi (se va bene) tra 3-4 anni. Perché l’occupazione (come già detto) sarà per anni inferiore a quella di metà 2008. Perché la crisi ha fatto sparire (probabilmente per sempre) un modello basato sul consumismo sfrenato, ed il capitalismo (che sa sempre reinventarsi, ed è questa la sua grande forza come sistema economico-sociale) dovrà comunque essere ridisegnato tenendo conto che la pressione ambientale di altri due miliardi di persone (i paesi che si stanno arricchendo) renderà insostenibile tra non molti anni un modello basato sull’uso intensivo di risorse energetiche e sull’ambiente.

Insomma, la politica dovrebbe rimettersi in moto, non limitandosi a sperare nell’ottimismo (che pure serve, intendiamoci!). Soprattutto lasciando da parte le boutade di mezz’estate. Non è difficile, basta fare un piccolo sforzo in più. Oppure, passare la mano.

(Ah, per inciso: la contemporanea riduzione di prezzi avvenuta in molti paesi europei a luglio, se verrà troverà conferme nel prossimo futuro, non è un bel segnale, anche se non ce ne rendiamo conto. Perchè un processo generalizzato e continuato di riduzione dei prezzi si chiama deflazione. Chiedere a qualche amico giapponese che cosa può significare)

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