martedì 15 settembre 2009

I politici italiani responsabili del declino.

Da Inviato Speciale del 14 settembre 2009.

Il Paese è travolto dalla crisi, ma nel Palazzo giocano a Risiko e i cittadini rimangono passivi.
Fini contro Bossi, Berlusconi che straparla, il Partito democratico in letargo pre congressuale, persino Di Pietro in trance e l’economia nazionale in coma. I giornalisti preoccupati per ‘l’attacco alla libertà di espressione’ diffondono ottimistici quanto improbabili dati, mentre il direttore del Fondo monetario internazionale, Dominique Strauss-Kahn, uno che se ne intende, dichiara senza mezzi termini: “La crisi economica globale continuerà, anche se Germania e Francia vedranno alcuni dati positivi nel secondo trimestre”.
Il presidente del Consiglio, nella sua abituale tendenza a dire tutto ed il contrario di tutto, sostiene più o meno che la crisi è alle spalle, il ministro Scajola che “abbiamo garantito la stabilità del bilancio e un ragionevole contenimento del deficit, pur nella grave crisi economico-finanziaria. Oggi possiamo affermare che lo stato della nostra economia è più confortante che nei mesi scorsi”.
Tremonti da parte sua è convinto che “la nostra ideologia è non avere ideologie” e pure che “la crisi finanziaria ha portato con sé la recessione, ma ci ha anche regalato un dividendo: la fine del conflitto sociale. Non è un caso se in Italia il grado di coesione è cresciuto e il numero di scioperi è radicalmente caduto”.
Ma come stanno le cose? Il Pil è, nella migliore delle ipotesi, il peggiore dal 1980 ed è crollato a meno 5,1 per cento. La bilancia commerciale totale ha segnato nel mese di giugno un saldo negativo di 631 milioni, in netto peggioramento rispetto all’attivo di 1,327 miliardi nello stesso mese del 2008. Il ricorso alla cassa integrazione è esploso, moltiplicato per cinque dal giugno all’anno precedente. In un anno si sono persi 100mila posti di lavoro e per i giovani, a maggio, la disoccupazione arrivava al 24,9 per cento. L’Istat ha annunciato che “l’utilizzo della cassa integrazione guadagni nelle grandi imprese è stato pari a 40,8 ore per mille ore lavorate. Il ricorso alla cig è aumentato di 32,4 ore per ogni mille ore lavorate in termini tendenziali”. L’anno scorso, le ore di cig erano 8,4 per mille lavorate, un quinto di quelle attuali. “Nel confronto tra il primo semestre del 2009 e il corrispondente periodo del 2008 il ricorso alla cig ha registrato un incremento di 29,2 ore per ogni mille ore lavorate” per l’Istituto di statistica. Nell’industria le ore di cig utilizzate “a giugno sono state pari a 111,6 per mille ore lavorate. Il ricorso alla cig è cresciuto di 90,2 ore ogni mille ore lavorate rispetto a giugno 2008″. Nei servizi le ore di cig utilizzate a giugno sono state pari a 3,2 ore per mille ore lavorate con un aumento di 2,2 ore rispetto allo stesso mese dell’anno precedente.
I consumi sono in picchiata. In uno studio della Coop Italia si rileva un calo del 15,1 per cento di vendita per le auto, del 10,6 per l’arredamento, del 7 per gli elettrodomestici. Si risparmia su abbigliamento e calzature, con una flessione del comparto del 7,5 per cento. In difficoltà il settore del ‘tempo libero’: ristoranti e vacanze. Per l’alimentare il 40 per cento delle famiglie italiane dichiara di risparmiare sui prodotti di prima necessità e si stima una riduzione dei consumi pari all’1,9 in quantità.
I numeri agghiaccianti della crisi rimangono tra le righe dell’agenda politica. I ‘manovratori’ sono accupati a discutere di ’schieramenti’, perchè per loro l’elemento più importante è la lotta per il potere, non certo il dovere di governare con saggezza e nell’interesse dei cittadini.
Il Cavaliere, tra un party ed una gaffe, rimane forte nel suo partito, anche se qualcuno pensa che sia arrivato il momento di pensare al dopo, anche perchè alcuni settori dell’impresa e altri in Vaticano sono preoccupati per la situazione. Il presidente della Camera non condivide più la strategia del partito azienda di Berlusconi, le sue manie imperiali e lo strapotere della Lega, ua forza politica priva di idee ed alla ricerca di voti facili, ramazzati a suon di slogan contro i migranti.
Nel centro sinistra sembra che Rutelli, ormai del tutto ininfluente, voglia marciare verso il centro, perchè l’ex laico, l’ex radicale, l’ex sindaco di Roma, l’ex ministro vorrebbe tornare a contare qualcosa. Casini vede il suo progetto di ‘regista centrale’ di nuovo in voga e si prepara ad accogliere i nuovo possibili compagni di ventura, anche se rischia di vedersi rubare il posto da un Fini più carismatico di lui. La sinistra ‘radicale’ è in sala di rianimazione e pare siano finiti anche i farmaci (il denaro per finanziarsi) e così si rischia l’imminente decesso.
I sindacati, che dovrebbero protestare un’ora si ed una anche per l’esplodere della cigs, per la disoccupazione, per l’inefficacia dell’azione governativa non si sa bene cosa facciano, anche perchè i giornali ed i tg non lo dicono e quindi nessuno lo sa. Di certo la Cisl e la Uil, in un rinnovato impegno a trattare con governo e Confindustria per motivi di ‘utile aziendale’ lavorano col fine di isolare la Cgil, nella speranza di colpire finalmente a morte il più forte e competitivo concorrente.
Una oligarchia di politici, imprenditori, sindacalisti e portaborse, supportati da veline, letteronze e da un buon numero di ‘lavoratori dell’informazione’ stanno affondando il Paese.
Il degrado italiano è visibile ad occhio nudo. Servizi sempre meno efficienti, aumenti di tariffe e servizi, stipendi immobili, opportunità di lavoro zero per giovani e meno giovani, città sporche, affitti da capogiro, treni sporchi, aerei in ritardo, scuola nel caos, università in pezzi, ricerca inesistente, formazione pessima, innovazione dimenticata.
Eppure non si vede neppure all’orizzonte un catalizzatore in grado di convolgere la società civile per arrivare all’rmai improrogabile ’sostituzione’ della casta con rappresentanti dei cittadini capaci ed in grado di ‘rifondare’ la Repubblica.
Appare chiaro che se non si troverà al più presto il bandolo della matassa i prossimi mesi rischiano di produrre danni forse irreparabili e di allargare la distanza tra chi possiede imense fortuna e gli altri, compreso il ceto medio destinato a diventare sempre più povero.

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