martedì 15 settembre 2009

Scudo fiscale, il regalo di Tremonti.

Pietro Salvato su Giornalettisno del 14 settembre 2009.


Uno studio pubblicato dal Nens (acronimo di Nuova Economia Nuova Società ) l’istituto fondato dagli ex ministri Vincenzo Visco e Pier Luigi Bersani, ha messo a confronto lo “Scudo fiscale” italiano con gli analoghi provvedimenti varati dagli altri Paesi.

Il “nostro” scudo fiscale, fortemente voluto dal Ministro dell’Economia Giulio Tremonti, prevede che gli italiani possano regolarizzare ricchezze mobiliari (titoli, conti correnti, polizze ecc.) e patrimoni immobiliari detenuti illegalmente all’estero e mai comunicati al fisco. Per mettersi al sicuro basterà pagare una somma modesta. In particolare, i contribuenti infedeli potranno aver salvi i loro capitali illecitamente “oscurati” versando al fisco il 50% del rendimento teorico che i fondi detenuti illegalmente all’estero avrebbero potuto produrre ogni anno.

DUE CONTI - Il rendimento teorico è fissato dalle stesse norme varate dal Governo e dal Parlamento al 2%. Il conto è presto fatto: per essere in regola si dovrà pagare l’1% l’anno dell’intero ammontare, per un periodo massimo di cinque anni. Neanche Babbo Natale avrebbe saputo fare di meglio! Per regolarizzare la propria posizione i contribuenti infedeli potranno inoltre giovarsi del completo anonimato. Per legge il loro nome sarà gelosamente custodito dagli intermediari bancari e finanziari ai quali sarà affidata l’operazione. Da quel momento in poi non potranno subire nessun altro intervento fiscale sulle ricchezze messe in regola.

FORZA EVASORI! - Lo scudo fiscale italiano s’inserisce nell’ambito di una vasta azione intrapresa da diversi Stati nei confronti dei paradisi fiscali, come ci hanno ricordato, al fine di esaltarne le virtù – quasi taumaturgiche – tutte quelle Tv ed organi d’informazioni sempre più proni ai diktat governativi. E’ evidente e necessario, a questo punto, chiarire un equivoco che ha aspetti clamorosi: l’intervento italiano è stato presentato come un atto di battaglia contro l’evasione fiscale e i paradisi fiscali, una lotta a muso duro da fare fianco a fianco insieme ai principali partner europei e americani. La realtà, come spesso accade con gli annunci “spot” di questo governo, è un po’ diversa se si mettono a confronto, punto per punto, le norme italiane con quelle approvate da altri Stati. Se si studiano bene le procedure, le somme da versare e le regole sull’anonimato, si scopre che lo scudo fiscale italiano sembra fatto apposta per favorire gli evasori. Una realtà che contraddice platealmente le affermazioni del ministro Giulio Tremonti che proprio a Bruxelles ha assicurato recentemente che lo scudo fiscale “più conveniente” è quello britannico. Nello studio del Nens è stato perciò riportato, punto per punto, che cosa prevedono gli scudi fiscali varati da Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna. Inoltre, è stato fatto il confronto sulle somme da pagare per ogni 100 euro da regolarizzare in Italia, Usa e Gran Bretagna. La differenza è abissale. Ecco qualche esempio.

NEGLI USA - Revised IRS Voluntary Disclosure Practic

1. L’autodenuncia è volontaria e non garantisce l’immunità quando il reddito trae origine da fonti illecite.

2. L’auto-denuncia volontaria consegue i propri effetti solo quando la “comunicazione” è veritiera, tempestiva (precedente l’inizio di controlli), completa e quando :

- il contribuente mostra la volontà di cooperare, e nei fatti coopera, con l’IRS per determinare correttamente il proprio debito tributario;

- il contribuente si impegna a pagare tutte le imposte e gli interessi e le sanzioni come stabilite dall’IRS.

3. Ciascun contribuente che contatta personalmente o attraverso un proprio rappresentante in relazione all’auto-denuncia sarà indirizzato to Criminal Investigation per la valutazione dell’auto-denuncia.

4. Le richieste anonime non sono ammesse. Entro il 23 settembre, ogni contribuente che si denuncia comunica gli estremi dei suoi conti e le modalità con cui ha evaso. Questo crea una rete di informazioni vasta. Tanto che un nuovo faro è stato acceso su Credit Suisse , Jiulius Baer,Kantonalbank, Union Banciare Privee, oltre un’altra decina di istituti europei.

5. Quanto si paga. Sul sito è disponibile anche la Guida del 25.8.2009 “Voluntary Disclosure. Questions and Answers”. Contiene una serie di simulazioni sulle penalità applicabili. In genere, oltre alle imposte ordinarie dovute, si paga una imposta dell’1,75% all’anno sul capitale inizialmente espatriato, una sanzione del 20% di tale imposta, e una addizionale del 20% sul capitale iniziale aumentato degli interessi virtuali riscossi nei paradisi fiscali.

IN FRANCIA - Regularisation des avoirs à l’etrangèr. La cellule de regularisation

1. La regolarizzazione è disposta in via amministrativa. E’ stata istituita dalla direzione generale delle imposte “La cellule de regularisation” che accoglie i residenti francesi che detengono attività non dichiarate nei paradisi fiscali.
2. La regolarizzazione non consente l’anonimato, richiede il pagamento di imposte, interessi e sanzioni amministrative.

3. Le sanzioni, da concordare con l’amministrazione, possono arrivare fino all’80% delle imposte evase. In genere si attestano sul 15-20%, oltre al pagamento delle tasse evase sugli interessi.

4. La regolarizzazione evita solo le conseguenze penali e comporta normalmente, a seconda dei casi, una riduzione delle sanzioni amministrative. Questa regolarizzazione, che non è per niente una amnistia fiscale, permetterà ai contribuenti interessati di mettersi in regola con le regole fiscali e di evitare così le eventuali conseguenze penali.

5. I contribuenti interessati. I residenti in Francia che detengono averi (conti correnti, depositi, titoli o attivi diversi…) nei paradisi fiscali non dichiarati.

6. Modalità di regolarizzazione. Sono due i passaggi previsti:

- pagamento immediato delle imposte dovute in relazione a questi averi (imposte sul reddito, imposta sul patrimonio, diritti di successione) nei limiti della prescrizione legale;

- applicazione di interessi di mora e sanzioni.

7. Condizioni per la regolarizzazione

- Origine lecita dei fondi (le somme non devono provenire da attività illegali, criminali, terroristiche).

NEL REGNO UNITO - New Disclosure Opportunity (NDO)

1. La HM Revenues & Customs (HMRC), l’amministrazione fiscale del Regno Unito, consente ai contribuenti una New Disclosure Opportunity (NDO) dopo la Offshore Disclosure Opportunity (ODF) del 2007. L’opportunità è offerta per un periodo limitato, dal 1/9/2009 al 12/3/2010.

2. Non è ammesso l’anonimato. Anzi è prevista addirittura la pubblicazione dei nomi dei contribuenti che hanno commesso gli illeciti più rilevanti.

3. Che cosa si paga. E’ previsto il pagamento di tutte le imposte sui redditi (più gli interessi) relative ai rendimenti delle attività non dichiarate (e non relative allo stock delle attività) per 20anni, ridotti a 10 in caso di attività detenute con il Liechtenstein con cui è stato firmato un accordo ad hoc.

4. Le sanzioni. Sanzioni ridotte al 10% delle imposte dovute, in luogo del 50% (ovvero ridotte al 20% se il contribuente è un soggetto cui HMRC aveva comunicato la possibilità di avvalersi dell’ODF e non lo aveva fatto).

5. Le condizioni. E’necessaria una piena auto-denuncia di tutti i debiti fiscali non dichiarati, e non solo di quelli relativi a conti o attività offshore.

LE PERVERSIONI ITALICHE - In sintesi, affermano gli esperti del Nens, per sanare 100 euro di capitali evasi e detenuti all’estero, nel Regno Unito e negli USA si pagano circa 50 euro, in Italia, si pagano al massimo 5 euro. Se fossero stati regolarmente dichiarati, i 100 euro di redditi evasi dagli italiani avrebbero dovuto pagare imposte ordinarie intorno ai 43 euro. Inoltre, l’Italia si presenta in clamoroso ritardo nella procedura di rinegoziazione degli accordi con i paradisi fiscali intenzionati ad uscire dalla black list dell’Ocse. Proprio quest’atteggiamento rinunciatario nei confronti di questi paesi spiega il costo così modesto chiesto per la sanatoria all’evasore italiano. In altri termini, tanto più è efficace la negoziazione e più ampio il varco aperto nel segreto bancario, tanto più elevato può essere l’onere per la regolarizzazione. Infine, rischia pure di cadere la “scusa nobile” di condonare gli evasori al fine di far ritornare i capitali condonati in Italia e sostenere gli investimenti delle imprese in una difficilissima fase di crisi. Infatti, nei giorni scorsi, diversi quotidiani hanno riportato alcuni rumors secondo i quali al ministero dell’Economia ora si penserebbe di estendere la possibilità di regolarizzare i capitali mobili anche senza rimpatriarli (come negli scudi-condoni del 2002 e 2003) oltre l’ambito dei 27 paesi dell’Unione Europea. Insomma, oltre al danno la beffa. Prima sono stati cancellati i principali provvedimenti antievasione e sono state ridotte le sanzioni. Adesso è arrivato il condono a prezzi da saldo. E così la giostra dell’evasione può riprende allegramente a girare. Colpa di un provvedimento non solo ambiguo (ad essere generosi) ma, come si vede, dagli effetti estremamente perversi di cui, statene certi, molti organi d’informazione si guarderanno bene dal denunciare.

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