lunedì 14 settembre 2009

REGIME!

Pierpaolo Farina su Orgoglio Democratico del 13 settembre 2009

“La servitù, in molti casi, non è una violenza dei padroni, ma una tentazione dei servi.”
(Indro Montanelli)


Come al solito, aveva ragione Montanelli. Perché in questi giorni non abbiamo assistito ad imposizioni del Re Sòla ai suoi dipendenti, stipendiati per l’80% con i soldi dei cittadini e non i suoi, bensì a veri e propri atti di prostrazione nei suoi confronti da parte dei suoi vassalli, valvassini e valvassori più zelanti e lecchini.


Non è più come ai tempi dell’Editto Bulgaro, dove Berlusconi ordina e gli altri eseguono: adesso la gara tra i servi e i parassiti che vivono del suo successo, della sua fama e del suo denaro (che nel caso Rai è anche quello dei contribuenti), sta tutta nell’intercettare i desideri del Capo, nel meritare segretamente la sua stima e la sua benevolenza senza nemmeno farlo parlare.


Chi ha chiesto a Feltri di iniziare il killeraggio mediatico di Dino Boffo, direttore di Avvenire? Nessuno, ma il padrone qualche giorno prima aveva espresso malumori nei confronti dei presutni fraintendimenti della stampa cattolica e di Avvenire in particolare. E se uno assume un picchiatore, non ci si può aspettare che rimanga lì a guardare, picchia e basta, senza preoccuparsi delle conseguenze.


E che dire del fantasmagorico Minzolini, in arte Scodinzolini, che è riuscito ad occultare tutto il grande scandalo delle escort a Palazzo Chigi e a Villa Certosa, avio-trasportate con i soldi dei contribuenti in alcuni casi? Nessuno gli aveva chiesto di andare in televisione a spiegare che gli scandali del premier sono gossip, mentre lo stomaco pieno di pillole di Micheal Jackson non lo è. Eppure lo ha fatto, scatenando critiche a non finire, ma è sempre lì, al suo posto, alfiere dell’ipocrisia berlusconiana e della falsa imparzialità.


Volete dimenticarvi del buon Dg Rai Masi, che intercettando i voleri del capo è riuscito in pochi mesi a far perdere all’azienda 150 milioni per i prossimi 3 anni con il divorzio non consensuale da Sky, a mettere in forse AnnoZero (in onda solo grazie alle sentenze del Tribunale del Lavoro), Report della Gabanelli, Parla con Me della Dandini, Che tempo che fa di Fazio e oggi addirittura Ballarò del mite Floris?


Il vespino di Sinistra, come lo chiamano in certi ambienti, è stato censurato per dare il monopolio esclusivo della prima serata della tv pubblica al Vespa originale, l’insetto che da anni si prostra ai piedi del suo padrone in ogni puntata e che percepisce anche uno stipendio come editorialista di Panorama (cosa che sarebbe vietata, ma per Vespa si fa un’eccezione).


La motivazione ufficiale della Direzione Generale della Rai è che si vuole “valorizzare un momento importante per il Paese”. Per il Paese o per il Presidente del Consiglio? Perché dubitiamo che l’uomo che non ha resistito a prendere la parola al funerale di Mike Bongiorno per farsi il suo salutare bagno di folla di fronte a ben 3 dirette televisive, stia a casa nel momento in cui verranno consegnate le prime case per i terremotati.


Ciò che è chiaro è che c’è una perversa concezione della televisione pubblica nel centro-destra, tale per cui la Rai non è l’espressione pluralistica delle varie anime del Parlamento, e quindi del Paese, bensì è una Televisione di Stato che deve fare gli interessi dello Stato. Cosa non di poco conto in un Paese dove il Presidente del Consiglio è solito ripetere “lo Stato sono Io”, in alcuni deliri senili di assolutistica potenza e prepotenza, ed è anche il proprietario dell’altra metà del panorama televisivo italiano.


In un Paese nel quale il 69% dei cittadini afferma per certo di formare la propria opinione politica, sociale, culturale attraverso la televisione, avere il 90% di essa nelle proprie mani non solo assicura duratura stabilità politica, ma getta le fondamenta per un futuro regime. O per una Democrazia da balcone. E sappiamo che il balcone di Silvio Berlusconi non è quello di Palazzo Venezia e nemmeno quello di Casa Rosada: il balcone di Berlusconi è la televisione!

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